L'Aquila,  Territorio

Cascata dello Schizzaturo, tra Filetto e Camarda

Mettete insieme una domenica mattina, un sole splendente in cielo e una temperatura tali da illuderci sia ancora estate, il non voler restare a casa per sprecare questa splendida giornata e farla, invece, fruttare al massimo.
Cosa ne viene fuori? Una bella “gitarella fuori porta“, accessibilissima e non lontano da casa.

Così, ho preso la mia affidabilissima Opel e mi sono diretta con lei verso Filetto, vicino ad Assergi.
Cosa mi ha spinto lì? La voglia di scoprire una delle tante cascate che pullulano sul territorio abruzzese. In questo caso, quella dello Schizzataro, raggiungibile con una camminata di 20 minuti circa dall’area di parcheggio.
Diciamo subito che non è che le indicazioni siano chiarissime ma forse è meglio così, per preservare al meglio luoghi ancora poco conosciuti. Mi incammino nel verde, non lo nego, con un pò di timore perchè onestamente non saprei chi o cosa avrei incontrato (ok, sono stata un’incosciente) ma vengo ripagata da un senso di pace assoluto. Tutto intorno a me tace: sento solo le foglie che si agitano quando arriva una folata di vento e mi sento bene quando l’aria mi accarezza la pelle. Mi sento libera, mi sento viva.
Continuo a seguire il percorso con passo più deciso, desiderosa di giungere alla meta quanto prima. Ormai ci sono quasi; il cancello che mi è stato indicato all’avvio del cammino da una coppia di signori ai quali ho chiesto indicazioni è davanti a me ma, tra noi, c’è una figura scura e accovacciata.
Si tratta di un uomo che cerca qualcosa per terra. Passandogli accanto esclamo “Buongiorno, va a funghi?“. Non l’avessi mai fatto! Il signore, che scopro essere un pastore, mi racconta delle vicissitudini che l’hanno portato, 15 anni fa, a dover rinunciare ai funghi e non risparmia particolari, come se ci conoscessimo da una vita! Mi chiede se sono sola e mi “conforta” dicendomi che sono stata brava ad aver scelto proprio quel giorno per andare a visitare la cascata, perchè il giorno successivo avrebbe preso il via la stagione venatoria e quindi avrei rischiato di essere impallinata dai cacciatori di cinghiali, numerosi in quella zona! Scoppio a ridere: non so se ritenermi fortunata o meno (il male minore, in fin dei conti, era l’incontro con i cinghialotti)… ah, cosa stava facendo il pastore, lì? Niente di che, cercava le noci, sperando che quest’anno siano più buone della stagione precedente. Mi accompagna per un tratto e mi da alcuni aneddoti sulla cascata, che pochi minuti dopo mi si para davanti, nella sua computa bellezza. Una graziosa, piccola gemma il cui scosciare contribuisce, ancora di più, a darmi quel senso di pace di cui ho bisogno. Resto in osservazione per alcuni minuti, mi avvicino all’acqua per sentire quant’è fredda e il gelo mi punge e mi fa sentire viva, di nuovo. Riprendo il cammino, saluto il pastore e mi riavvio verso la mia auto. Di nuovo, dopo 20 minuti circa, torno alla civiltà. Proseguo dirigendomi a Filetto e qui, fermandomi al Bar del paese, che è anche una trattoria, scambio due chiacchiere con il proprietario che mi da altre indicazioni per raggiungere l’Abbazia di San Crisante e Daria. Si tratta di un edificio poco conosciuto (e non proprio facile da raggiungere) ma che custodisce al suo interno alcuni degli affreschi più antichi d’Abruzzo: la sua fondazione si fa risalire al 1140. Mi avvio con passo deciso alla volta di questo luogo mistico: la salita è dura, tocca fermarmi più di una volta a prendere fiato ma anche per ammirare il panorama che mi si apre davanti. Bellissimo. Fa caldo. Ancora una volta, lungo il percorso ci sono solo io. Salgo e salgo. Attraverso gli insediamenti rupestri, scavati nella roccia e che immagino essere stati il riparo di tanti pastori. Salgo e salgo. Ci sono quasi. Ancora 300 metri e ci siamo. Eccola davanti a me, la graziosa costruzione che, in alcuni tratti, ricorda la Chiesa di Bominaco, altro gioiello d’Abruzzo. Peccato, però, sia chiusa. Poco male, le giro intorno, trovo un punto all’ombra di una quercia, mi tolgo lo zaino, mi accomodo per terra e mi concedo il meritato riposo e un panino, per recuperare le forze e godermi la pace tutt’intorno. E’ in situazioni come questa che mi ricordo di cosa è necessario e cosa lo è meno. Trovo di nuovo il mio centro: ecco perchè amo esperienze come questa. Il tempo sembra voler cambiare: meglio rimettersi in cammino. Ripercorro a ritroso la strada verso Filetto, scegliendo a un incrocio di proseguire per un’altra via, che mi conduce a Fonte Bella, un antico abbeveratoio e lavatoio. Vedo la vita di un tempo, palese davanti ai miei occhi. Proseguo e sono finalmente a Filetto, dove concludo la mia escursione tornando al punto di partenza, al bar che è anche trattoria e gustandomi un pranzetto niente male che ha il sapore dei piatti di casa. Sono a casa.

Letizia Castagnoli

Camplese di Campli, sognatrice e ritardataria cronica, credo nella forza del sorriso e nelle emozioni positive. Parlo due lingue, adoro i piccoli borghi, il mare e i suoi colori, il profumo intenso della macchia mediterranea…ma non ci posso fare nulla, il mio vero amore è la montagna. Scrivo, fotografo e racconto storie sul mondo...sono curiosa, tanto, tanto curiosa!

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