Cocullo e la Festa dei Serpari

Candidata dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità, è tornata puntuale anche quest’anno la Festa dei Serpari di Cocullo (AQ).

La festa si svolge in onore di San Domenico Abate, monaco benedettino di Foligno, ma le sue origini sono naturalmente antichissime e riconducibili al rito pagano di venerazione della dea Angizia, divinità adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti (del resto, il suo nome deriva dal latino Angitia, da “angue[m]”, ovvero “passaggio stretto come un serpente“).
Da antichissimi rito, la festa ha assunto pian piano accezioni sacro-profani. Quando e come ha inizio il tutto? Alla fine di Marzo, quando i serpari si recano in montagna alla ricerca di serpenti (tutti rigorosamente non velenosi: cervone, saettone, biscia dal collare e biacco) che, una volta catturati, vengono conservati con attenzione in scatole di legno per 15-20 giorni e nutriti con topi vivi e uova sode (usanza, anche questa, legata ai riti pagani dei Marsi).
In epoca contemporanea, la festa viene celebrata in onore di San Domenico, ritenuto protettore dal mal di denti, dai morsi di rettili e dalla rabbia. A Cocullo si fermò per sette anni e donò alla popolazione di Cocullo un suo dente e un ferro di cavallo della sua mula, divenute delle reliquie. Per questo la mattina della ricorrenza, nella chiesa a lui dedicata, i fedeli tirano con i denti una catenella per mantenere i denti stessi in buona salute e poi si mettono in fila per raccogliere la terra benedetta che si trova nella grotta dietro la nicchia del santo. La terra sarà poi tenuta in casa come protezione dagli influssi malefici, sparsa nei campi per allontanare gli animali nocivi oppure sciolta nell’acqua e bevuta per combattere la febbre.
La tradizionale e suggestiva processione ha inizio a mezzogiorno: la statua del Santo viene portata in corteo lungo il paese, attorniata da serpenti. Ai fianchi della statua, due ragazze in abito tradizionale portano sulla testa un cesto contenente 5 pani sacri, i “ciambellani”, in memoria di un miracolo di San Domenico. Questi pani vengono poi donati, per antico diritto, ai portatori della Sacra Immagine del gonfalone. Al termine della processione, i rettili vengono riportati nel loro habitat naturale dai serpari, non prima di essersi “concessi” a foto ricordo con gli spettatori più coraggiosi!
Il Lago e l’eremo di San Domenico, invece, facilmente raggiungibili con un’agile passeggiata, meritano una sosta per ammirare il paesaggio mozzafiato e per visitare la grotta scavata nella roccia calcarea dove, secondo la tradizione, attorno al 1000 dimorò il monaco benedettino, che qui ebbe le visioni.

 

Letizia Castagnoli

Camplese di Campli, sognatrice e ritardataria cronica, credo nella forza del sorriso e nelle emozioni positive. Parlo due lingue, adoro i piccoli borghi, il mare e i suoi colori, il profumo intenso della macchia mediterranea…ma non ci posso fare nulla, il mio vero amore è la montagna. Scrivo, fotografo e racconto storie sul mondo...sono curiosa, tanto, tanto curiosa!

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